Disney e Universal sostengono di aver chiesto a Midjourney di “adottare misure tecnologiche” per impedire ai suoi generatori di immagini di produrre materiale che violano il copyright, ma che la società ha “ignorato” le loro richieste. Le due aziende affermano inoltre che Midjourney avrebbe “ripulito” copie del loro lavoro durante l’addestramento, un processo che “ha necessariamente comportato la creazione di altre copie dei materiali“. Midjourney non ha risposto immediatamente alle richieste di commento di Wired US.
La linea tra uso lecito e plagio
“Crediamo nella promessa della tecnologia AI e siamo ottimisti rispetto al modo in cui può essere utilizzata responsabilmente come strumento per promuovere la creatività umana – ha dichiarato in un comunicato il direttore degli affari legali di Disney Horacio Gutierrez –. Ma** la pirateria è pirateria, e il fatto che venga commessa da una società di intelligenza artificiale non la rende meno illegale**”.
Come molte altre startup di AI generativa, Midjourney ha addestrato i suoi strumenti facendo scraping su internet con l’obiettivo di mettere insieme grandi database di immagini, invece di provare a ottenere licenze ad hoc dai detentori dei diritti. In un’intervista rilasciata a Forbes nel 2022, l’amministratore delegato della società David Holz ha parlato apertamente del processo. “È tutto un grande scraping da internet. Utilizziamo i set di dati aperti già pubblicati per l’addestramento – ha ammesso all’epoca –. Non esiste un modo per ottenere cento milioni di immagini sapendo da dove provengono. Sarebbe bello se le immagini incorporassero dei metadati che indicano il titolare del diritto d’autore. Ma non esiste niente del genere, non c’è un registro“.
Con il boom dell’intelligenza artificiale è emerso un nuovo mercato attorno alla possibilità di ottenere licenze per l’utilizzo di varie opere creative a fini di addestramento. Startup come ProRata e organizzazioni come la Dataset providers alliance operano già come intermediari tra i creativi e le società di AI. A cui si aggiungono poi gli accordi conclusi da alcune aziende coinvolte in controversie legate all’intelligenza artificiale: di recente, per esempio, il New York Times ha annunciato una partnership di questo tipo con Amazon, pur essendo nel mezzo di una causa contro Microsoft e OpenAI. E lo scorso agosto, l’editore di Wired, Condé Nast, ha firmato un accordo con la startup di ChatGPT.
Lo spauracchio dell’industria del cinema
Nell’ambito di alcune delle cause in corso su copyright e AI, i giudici hanno sottolineato che per i querelanti sarà fondamentale dimostrare un effettivo danno finanziario. Non è un caso forse che Disney e Universal descrivono la controversia con Midjourney come una minaccia esistenziale per l’industria cinematografica. “Il modello commerciale basato sulla pirateria di Midjourney e il suo sprezzo per le leggi sul copyright degli Stati Uniti non sono solo un attacco a Disney, Universal e alla laboriosa comunità creativa che dà vita alla magia dei film, ma costituiscono anche una minaccia più generale per l’industria cinematografica americana, che ha creato milioni di posti di lavoro e ha contribuito con oltre 260 miliardi di dollari all’economia nazionale“, si legge nella querela.
Sebbene sia la prima volta che importanti attori di Hollywood finiscono in tribunale per un caso che riguarda l’AI, la tecnologia sta già cambiando rapidamente il settore. Le principali aziende di intelligenza artificiale continuano infatti a lanciare strumenti sempre più sofisticati, come il generatore video Veo 3 di Google, in grado di creare clip estremamente realistiche in pochi secondi. Nonostante le recenti battaglie per imporre dei limiti al modo in cui l’intelligenza artificiale viene integrata nel processo di produzione cinematografica, tra gli addetti ai lavori ci sono anche fan dell’AI. È il caso del regista di Titanic e Avatar James Cameron, che è entrato nel consiglio di amministrazione dell’azienda dietro il generatore di immagini AI Stability e promuove attivamente l’uso della tecnologia.
Indipendentemente da quanto l’AI generativa prenderà piede nel mondo del cinema, il fatto che un’azienda come Disney – notoriamente inflessibile in materia di copyright – abbia deciso di andare per vie legali potrebbe plasmare il futuro del settore.
Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.