Udinese, intervista a Inler: scouting, modelli, progetti

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Dirigente Udinese 

Udinese, intervista a Inler: scouting, modelli, progetti

©Gökhan Inler

Gökhan Inler sarà anche un nostalgico ma dietro alle ragioni di cuore ci sono idee precise e chiare. Tornato a Udine in estate diciassettenne anni dopo averla lasciata calciatore, lo svizzero è rimasto incollato al campo optando per una carriera da giacca e cravatta. Transfermarkt lo ha incontrato e intavolato un’interessante chiacchierata sul nuovo ruolo con la società friuliana e sulla gestione sportiva di un club moderno.

Transfermarkt: in carriera hai giocato in club importanti come Udinese, Napoli, Leicester City e Besiktas. Quali sono state le nozioni base che hai acquisito dall’organizzazione di queste società?

Inler: da calciatore ho potuto confrontarmi con varie culture sportive. All’Udinese ho sicuramente imparato come far funzionare un modello di scouting e lo sviluppo dei giovani. Al Napoli la capacità di giocare sotto pressione di un grande pubblico, mentre al Leicester City lo spirito collettivo e come una corretta pianificazione posso trasformarsi in una favola. Al Besiktas, così come al Basaksehir, ho sperimentato il significato di una vittoria in campionato vivendola da comunità, percependone la cultura specifica. Questi sono esempi importanti di come si possano raggiungere gli obiettivi con la giusta organizzazione del club. In questo senso, ogni squadra in cui sono stato mi ha fornito una visione diversa.

Com’è stato il passaggio da calciatore a dirigente? Cosa ha influenzato questa decisione?

Ho sempre saputo, anche quando ero un professionista, che il calcio non fosse solo questione di campo. L’aspetto tattico, i processi dietro un trasferimento, la gestione di un club mi hanno sempre affascinato. Prendere questa direzione è stato naturale. Essere responsabile di un’area tecnica ti offre un’opportunità di gestione a 360 gradi. Sei in costante contatto con i giocatori, lo staff tecnio e la società, usando la tua esperienza su più livelli. Come lavoro mi entusiasma.

Gökhan Inler

Quali sono le tue attuali responsabilità all’Udinese?

Lavoro su più campi, dallo scouting ai trasferimenti veri e propri, dallo sviluppo del singolo giocatore fino alla struttura organizzativa del club. Stiamo cercando di costruire un modello di calcio sostenibile in accordo con la visione dell’Udinese. Sono vicino ai calciatori. Li tengo in tensione, motivati, parlando con loro sia individualmente che in gruppo. Per avere successo nel calcio devi essere al 100% in qualsiasi momento. Io ci sono riuscito perché ho svolto i miei compiti da calciatore sempre con stimolo.

Quali sono gli aspetti importanti in una direzione sportiva?

Primo: avere una visione ampia. Non si vive di successi a breve termine, ma è necessario pianificare il futuro di un club. Secondo: la comunicazione. È fondamentale stabilire i giusti rapporti con i calciatori, lo staff, il management e i media. Terzo: una forte rete di scouting. Trovare il giusto giocatore e chiudere un trasferimento in linea con le necessità della rosa e il modello del club è la chiave del successo.

E tu cosa guardi nello specifico in un calciatore?

Guardo la sua forza mentale e la tecnica. Analizzare il carattere di un calciatore ha la sua importanza, anche in ottica di un’amalgama di squadra. Chi scegli deve essere adatto al sistema di gioco, alla tua “cultura”. Poi utilizziamo molto le statistiche e le analisi dei dati.

Qual è un modello gestionale che l’affascina in Europa?

In Germania e in Italia ce ne sono molti di successo. Penso soprattutto al Bayern, un esempio importante e corretto. Una struttura che funzioni deve essere equilibrata in ogni suo aspetto: infrastrutture, sviluppo degli impianti già esistenti, scouting, marketing, questioni di campo…

Hai lavorato con grandi allenatori e manager. Chi ti ha influenzato maggiormente e cosa hai imparato da loro?

Ho preso molto da Rafael Benítez, un tecnico molto preparato. Non importava quanto fossi bravo, con lui potevi sempre arricchirti. Creava una connessione di menti. Ottmar Hitzfeld era un grande insegnante. Ha fatto molto bene con la Nazionale svizzera. Naturalmente, ce ne sono altri altrettanto bravi. Claudio Ranieri me lo ricordo posato e rispettoso. Sono stato molto colpito dal suo modo di fare. Walter Mazzarri era tatticamente enorme, con lui cambiavamo spesso assetto in partita. L’importanza di fare analisi e di una giusta consumazione l’ho appresa con Lucien Favre. Insieme abbiamo vinto due campionato. Se il gruppo squadra è forte e unito, può raggiungere posizioni notevoli. Da tutti, poi, ho assorbito il senso del collettivo, lo spirito di squadra. È una cosa in cui credo molto.

Insegnamenti di cui ha fatto tesoro come dimostra la stagione dell’Udinese, partita forte in campionato e assestatasi in corso d’opera a metà classifica, giocando a viso aperto contro tutti. E dopo aver fermato il Napoli al Maradona e l’Atalanta al Friuli, alla fine della pausa per le Nazionali farà visita all’Inter, diventando a tutti gli effetti un tester per chi vuol vincere in Italia.

 

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